HOMEPAGE IL TARON LEVENTINESE PRONUNCIA BIBLIOGRAFIA
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Cacài - Girello per bambini. Parola da me mai sentita che si usava una volta, mi dice la mamma. Non lo trovo su LSI e VSI. Lessico famigliare? - (cacai)
Cadréa - Sedia. Pl. cadréi. Airolo: c'adrìa, pl. c'adrì. Dal lat. cathedra (Beffa op. cit.) - (cadrea, c'adria)
Cagaranda - Cacherello, escremento di capre, camosci e caprioli, ma anche di conigli e lepri, a pallina o di forma allungata. Di solito al plurale: cagarant - Airolo: c'aaranta - (cacarand)
Cagnè - 1) Masticare 2) Mordere, morsicare 3) Pungere (di insetti). Cagnèda = morso; puntura d'insetto - (cagneda)
Cainè - Gridare di dolore
Cala - Spartineve (un tempo, quando era a forma di cuneo), spazzaneve (oggi). Termine usato in tutto il Ticino e italianizzato in calla (neve). Secondo Lurati "Dialetto" cit. (p. 132 n.) fa la cala = fare la calle, aprire la strada sgomberando la neve.
Cala in Bedrina, tra Dalpe e Prato, anni '50 o '60
Calóni - Calonico, villaggio di montagna della Media Leventina. Non so se il nome abbia qualcosa a che fare con Calonica = fondo istituito per il servizio della chiesa parrocchiale, per il sostentameno del parroco e per l'assistenza ai poveri, da cui l'espressione "sale calonico" (v. Fransioli "Ordini" cit.) Soprannomi degli abitanti: Calapìt, zarötan (ignoro i sigificati, il secondo è forse tafani) (Gilardoni cit.) - (Caloni, calapit, calapitt)
Calorós, calurós - Che non soffre il freddo, in frasi scherzose tipo: "cum ti sé calurós", detta a chi è vestito leggero anche d'inverno. Contrario: frégiàt. - (caloros, caluros, fregiatt)
Calpiögna - Calpiogna. Villaggio e comune della Media Leventina noto in passato per la fede politica conservatrice-pipidina, con risultati elettorali bulgari (mi pare di ricordare un PPD a 50 voti contro 0 a tutti gli altri partiti). Origine e significato del toponimo oscuri secondo il DTS. Soprannomi degli abitanti: rèsa, rasiröi = "resinosi," masticatori di resina (v. perché alla pagina SOPRANNOMI) (it.wikipedia) (de.wikipedia) (Dizionario storico della Svizzera)
Calvàri - Calvario (fig.). Così è chiamato un tratto molto ripido e acciotolato del sentiero tra Dalpe e Piumogna. - (Calvari)
Cambra - 1) Camera. Airolo: c'ambra. Stanza è recente secondo Beffa op. cit. 2) Nome generico per tarma, tarlo, camola. In particolare: tignola della lana, Tineola bisselliella (it.wikipedia - foto Google); acaro del formaggio, Tyroglyphus casei ; tarlo del legno, Anobium punctatum (it.wikipedia - foto Google). 3) Cambra = Grappa di ferro con due punte ricurve che serve a fissare provvisoriamente tronchi o elementi di costruzioni in legname o altro. Dim. cambréta.
Cambra della lana (Trichophaga tapetzella)
Cambró - agg.: camolato, tarlato. Furmeç cambró = formaggio intaccato dall'acaro del formaggio. Airolo: c'ambró
Camoghè, Camughè - Pizzo che domina il lago Ritom. Secondo il VSI il termine, non solo lev., indicava un tempo un uccello rapace, lo sparviere (Accipiter nisus (it.wikipedia - foto Google - scheda caccia-ti), ma è sopravvissuto solo come nome di luogo. Petrini cit. dice che il nome, sia del rapace sia della montagna, viene da camucariu, che a sua volta viene da camox -> camoce = camoscio. Dunque: luogo (o rapace che vive) dove vivono i camosci. Ad Airolo: C'amuéi -
Camós - Camoscio, Rupicapra rupicapra (it.wikipedia - foto Google). Ad Airolo c'amos. Più info alla pagina ANIMALI IN LEVENTINA. Foto mie > Camosci. - (camos, camoss)
Campél - Villaggio e comune di montagna della Media Leventina, comprendente la località turistica di Carì (it.wikipedia ) (de.wikipedia ) (Dizionario storico della Svizzera). V. anche l'interessante sito Diviani.ch della famiglia Diviani in Inghilterra, originaria di Campello.
Canaia - Bambino. Sinonimo di bagai, bòcia (termini usati fino in Lombardia). Ad Airolo: créatüra (plur. créatü), crapàsc. A Biasca c'è il bellissimo mardàsc, da marda = merda. - (boia, creatüra, creatü, crapasc, mardasc).
Canarìsc - Valletta ripida, solco causato dall'erosione, "canaletto", in montagna. Airolo: c'anarisc. Diversi toponimi con questo termine. - (canarisc)
Canè, scanè (v.) - Intaccare, cominciare (un salame, una torta, ecc.)
Canè (di pörsc) (sost. m.) - Trogolo dei maiali.
Canimél - Caramella. Mia nonna chiamava caniméi particolari mentine bianche rotonde, le altre sono sempre state per me solo caramèl. - (canimel)
Canon , plur. canoi - Tronco di conifera perforato longitudinalmente, con una lunga trivella chiamata orobi (v.), per fungere da elemento della condotta d'acqua. I canoi erano uniti fra loro con anelli di ferro (vér) e interrati. V. al riguardo Vicari cit. pp. 200-203.
Canoi, Museo di Leventina, foto Tabasio
Canton - Corda semplice (non doppia come la soga, e più grossa di quest'ultima) fatta di striscie di pelle intrecciate, di diverse lunghezze a seconda del carico da legare, munita di un cönc (v.) all'estremità. Airolo: c'anton. V. Vicari cit. p. 241.
Capa - Berretto di lana. Dal ted. Kappe. Anche capüscia, capüsc -
Capbògia - La mucca più lattifera della mandria. La capomandria, seguita dalle altre, è la menadóra - (capbogia, menadora)
Capél (plur.) - Bardana, Arctium lappa (foto Google). Indicatomi a Deggio al plurale: "i capél", come "le cappelle". I cugini di Deggio non sanno indicarmi un nome per le infiorescenze appiccicose, chiamate murós (v.) ad Airolo. - (capel, capell).
Capélon (plur. capélói) - Boleto, Boletus edulis (it.wikipedia - foto Google) (faréi, v.) di una certa dimensione. Termine che usavamo in casa quando ero ragazzo. - (capelon, capeloi)
Capelon - foto Tabasio
Càpia - Gabbia. Airolo: c'apia - (capia)
Capitèni - Capitano - (capiteni)
Caplàn - Cappellano, vicario del parroco. plur. caplèi. Ad Airolo: c'aplàn. Un tempo c'erano preti anche in certe frazioni, non tutti forse all'altezza della loro missione. Sono rimaste nella tradizione orale - da almeno tre generazioni - alcune sortite di un non meglio identificato cappellano di Catto (verosimilmente Daniele Curonico di Altanca, in carica nella frazione dal 1888 al 1899) che pare si esprimesse in un italiano o latino assai maccheronico, certamente accentuato da chi le ha riferite. Narra mia mamma, riferendo quanto già narrava suo padre (1884-1967), che un giorno a Cassin, vedendo un abete sradicato o tagliato con sulla cima un escremento di mucca, il sacerdote esclamò: "Impossibilis est quem vacca bovina habetur cagatur supra scimam piantorum". È rimasta nelle memorie anche la sua definizione della misericordia di Dio, "simile alle cacherelle di una capra sulla cima di un piotaio (piotéi = tetto di piode), che vanno giù da una parte e dall'altra".
Capriòlo - Capriolo, Capreolus capreolus (it.wikipedia - foto Google). Manca un nome dialettale, trattandosi di un animale estintosi secoli fa e riapparso solo di recente (v. ANIMALI IN LEVENTINA). Il c'avriöu indicato per Dalpe dal VSI sembra artificialmente ricostruito e per giunta foneticamente sbagliato: dovrebbe essere c'auriöu.
Cara - Carezza.
Carè (plur. caréi?) - Stradicciola o spazioso sentiero che dal villaggio portava verso la campagna, il pascolo, il maggengo. Era lastricata o acciotolata e fiancheggiata da muri per impedire che il bestiame invadesse i prati. Secondo il VSI il termine dialettale verrebbe dal latino carrale(m) (viam) = ossia carraia o carrareccia, strada adatta ad essere percorsa da carri. Fransioli (Glossario in "Ordini di Dalpe e Prato", 2006) controbatte invece che carè viene da carél (v.), parola che a sua volta, secondo il VSI, verrebbe forse da quadrus, da cui anche quadrèl = mattone. A mio avviso carè potrebbe anche corrispondere all'italiano callaia = viottolo di campagna, da calla = calle. Il VSI scarta una derivazione da calle perché non darebbe "conto dell'esclusiva presenza di esiti con -r" e ipotizza una evoluzione del significato da via per carri a via pedonale, sentiero. Ipotesi che mi lascia assai dubbioso. V. anche alla voce carale nel mio Dizionario dell'italiano ticinese.
Caréisc - Anice selvatico o cumino dei prati, Carum carvi (it.wikipedia - foto Google). Il nome mi è stato confermato a Deggio. C'aréisc ad Airolo, dice Beffa cit., che lo dà a Fontana. Il VSI, alla voce carécc (che vuol dire anche càrice - Carex (foto Google) di diverse specie - e si trova in diversi toponimi = luogo pieno di carici, giuncheto, dal lat. carectum) dà c'aréisc e c'aresc per Airolo, caréisg = caréisc per Calpiogna e Dalpe, traducendo anche 'finocchio selvatico'. Sempre per Calpiogna e Dalpe parla di aquavita det caréisc = acquavite dei finocchi, una specialità "molto apprezzata" proveniente dai Grigioni. - (careisc, chiareisc, chiareisch)
Carél - Acciottolato, selciato di ciottoli, lastricato (sost.). - (carel)
Carél - foto Tabasio
Caréló - Ricoperto, costellato, cosparso, disseminato (figurato, da carél). Careló d'scistroi = disseminato di mirtilli. Giòpa carélèda: piantina carica di mirtilli. Airolo: c'araló - (carelo, c'arelo, careleda).
Carén (-nn) - Primo giorno del mese, calende: carén d'aurì = primo aprile. Airolo: c'aregn - (caren, carenn)
Caréna - Bovina che partorisce già al secondo anno di età, "saltando" lo stadio di manza (v.) (Jelmini, "Glossario" cit.)
Carimè - Calamaio. Termine non più usato (come il calamaio). Non ricordo che lo usassimo a scuola nemmeno negli anni '60. Lo danno Beffa cit. per Airolo e Ais per Osco (carta 766).
Carisna - Fuliggine. Airolo: c'arisna
Carnàsc - Chiavistello, catenaccio. Fig.: ferrovecchio, automobile vecchia o in cattivo stato. Airolo: c'arnasc - (carnasc)
Carnasc - foto Tabasio
Carnél - Albero secco rimasto in piedi (a Dalpe, info di Cherubino Gianella, a spiegazione del toponimo "Carnel du bauu", riportato in una cartina del patriziato del 1909 e situato sul pendio sopra la vecchia strada di Piumogna, poco dopo Valascia. Il LSI riporta invece carnèla per Dalpe, crenèla per Mairengo e carnéla per Calpiogna, con i significati di 1) pianta secca ancora in piedi e 2) pino giovane, esile e slanciato (Calpiogna). Se così fosse, il toponimo Carnel du bauu indicherebbe un plurale. Il VSI, alla voce c'arnisc in attesa di crèn), dà carnèla (lev.) = pianta secca ancora in piedi (idem in RNB, II, p. 648). Airolo: crèn (-nn), albero, abete perlopiù, disseccato in piedi (Beffa cit.). Idem a Quinto (VSI alla voce castél, v.). Carnél e carnèla sembrano essere diminutivi di crèn con uno scambio di lettere (crèn>crènél>cranél>carnél). - (carnel, carnela)
Caron - Coscia. Airolo: c'aron -
Carpìna - Lite, zuffa. "Tüta lit e carpìn", la vita matrimoniale. Carpinàs = litigare. Airolo: c'arpina, che è anche s.m. per persona litigiosa - (carpina, carpinas)
Cascè - 1) Cacciare, scacciare; 2) germogliare. Beffa per Airolo alla voce c'ascè dà anche "nevicare leggermente". A me pare che si dica u cascia scè per indicare il nevischio trasportato dal vento che soffia dal massiccio del S. Gottardo quando fa brutto tempo oltralpe: v. cruaton.
Cascèda - Dolore acuto, intestinale in particolare, colica. - (casceda)
Casè = fare il formaggio. Caséi = casaro. Casèda = tutto il formaggio prodotto. Cason = caseificio. - (casei, caseda)
Casöu - Formaggio in piccole forme, inferiori ai 5 chili. Di solito formaggio magro prodotto in casa. Per le grandi forme prodotte sull'alpe si parla di furmeç. Airolo: c'asö.
Cassinarésc - Sinonimo di monte o maggengo con cascine di soggiorno temporaneo, come era Piumogna per Dalpe (Fransioli, "Dalpe", p. 46) - (cassinaresc)
Castél - 1) Castello 2) Catasta di legna per il falò, il falò stesso secondo il VSI. 3) Involucro fogliaceo dentato (brattea) che trattiene la nocciola fino a maturazione; info: cugini di Deggio. V. anche Faghéla. - (castel, castell)
Castiè - Castigare, punire. Castì = castigo, punizione.
Cat - Catto, frazione di Quinto. Ad Airolo: C'at. Oli sant da Cat = rimedio inefficace, v. òli. - (Catt)
Catalana - Coperta di lana.
Catè - Cercare. Catè foisc = cercar funghi. Catè colpi = cercar cartucce vuote, a Dalpe il passatempo preferito dei ragazzi negli anni '60 "a temp da cascia". Catài = prenderle (le botte), letteralmente: cercarle!. Airolo: c'atè.
Caucéstro, caucéstru - Calcare, roccia calcarea, dolomia saccaroide (?): roccia biancastra e friabile molto diffusa in particolare nella regione del Campolungo e del Pizzo Lambro, come pure nella regione di Piora, un tempo usata per fare calce (caucina, ad Airolo c'aucina). Sul territorio di Dalpe c'erano almeno sei fornaci da calce (M. Fransioli, "Dalpe" p. 113-114) ma Beffa cit. indica che famosa nella regione era la c'aucina da Varenz, per la sua ottima qualità. Una di queste fornaci, restaurata, è ben visibile lungo la strada tra Prato e Rodi: v. foto sotto la voce furnès, furnèsa. Caucistri: toponimo diffuso: un tempo almeno designava anche la zona di rocce bianche attualmente denominata Venett o Passo Vanit sulle cartine, un toponimo mai sentito né a Dalpe né a Prato secondo Mario Fransioli ("Dalpe" cit. p. 84). L'omonimo storico di Prato Renato Fransioli ("Prato Leventina nelle carte medievali e nella tradizione", p. 118) menziona tuttavia un pascolo chiamato "ul vanét" presso "i Caucistri" che arriva fino a 2138 m, la quota del passo, e menziona una "Cima di Vanitt" a 2438 m., che però si riferisce all'altro toponimo Vanitt, tra il Pizzo Meda e il laghetto di Tremorgio (Tramòrç) ---> v. alla voce Vèn. Per questi toponimi v. anche la cartina alla pagina TOPONIMI DI PRATO e le foto e didascalie alla pagina CAUCISTRI del mio sito Cornone.googlepages.com. Il valico era in ogni caso chiamato dagli indigeni Pas det Cadonighin (Passo di Cadonighino) o Pas di caucistri (Passo dei Caucistri) (ibid.). - (caucestro, caucestru, caucistri)
Pas di caucistri da Stüéi - foto Tabasio
Caudéra - Caldaia, in particolare quella per la preparazione del formaggio. Accr. cauderon = calderone, anche in senso fig. = gran massa di cose confuse, dim. caudiröu = paiolo.
Caunó, plur. caunéi - Striscia d'erba appena falciata. Dalpe: chéunó. Airolo: c'anvél, plur. c'anvéi.- (cauno, cheuno, c'amvel)
Càuz - Pantaloni - (cauz)
Cauzzèda - Calcio, pedata - (cauzzeda, cauzeda)
Cauzzéi - Scarpa, plur. inv. E cauzzét, sing. cauzzéta, sono le calze. - (cauzzei, cauzei, cauzeta, cauzeta, cauzzet, cauzet)
Cavagnèi - Cavagnago, villaggio e comune di montagna della Bassa Leventina. Secondo il DTS sarebbe un toponimo prediale, significante "podere di Cavannius" (un ipotetico remoto abitante del luogo) e non c'entrerebbe nulla la dialettale "cavagna" proposta dal glottologo Salvioni. Soprannomi degli abitanti: Vesp (vespe) (Gilardoni cit.). (it.wikipedia ) (de.wikipedia ) (Dizionario storico della Svizzera).
Cavaléta - Sgabello del mungitore (a una sola gamba). Airolo: c'avalèta - (cavaleta, c'avaleta)
Cavaléta, Museo di Leventina, foto Tabasio
Cavaöç - Tipula (wikipedia - foto Google ), sorta di zanzarone innocuo dalle lunghe zampe di cui esistono diverse specie (oleracea, maxima, paludosa e altre). Il VSI dà 1) Libellula 2) Grossa zanzara molto simile a una libellula (Ludiano) 3) Fortuna, animaletto dei miriapodi (Chironico, Dalpe). In quest'ultimo senso non l'ho mai sentito. Non so se altrove in Ticino si intenda davvero la libellula (it.wikipedia - foto Google)*** - così anche in diverse zone del Norditalia dal Pemonte al Veneto (cavaòci) secondo l'AIS (cartina 479) - ma in Leventina il "cavaocchi" mi pare proprio corrispondere alla definizione 2). In tedesco: Schnake, in inglese: crane fly (Wikipedia). La Tipula oleracea (foto Google) è detta anche zanzarone degli orti. La larva acquatica della Tipula Maxima (foto Google) è ben conosciuta dai pescatori con diversi nomi come: gatoss, gatossa, dormiente, nonnina, scimmietta ecc., leggo su un forum internet. *** Claudio Strozzi, per Biasca, alla voce cavaécc, dà libellula e anche effimera, Ephemera vulgata (foto Google). - (cavaöcc, cavaöcch)
Cavaöç (Tipula oleracea) - da Wikipedia Cavaöç - foto Tabasio
Cavéz - Pulito, ben messo, ordinato (non solo lev.). Il LSI dà anche: in buono stato, curato, preciso, docile, ammodo, di buone maniere. Airolo: c'avéz - (cavez, cavezz)
Cazzòia - v. Scazzòia.
Cazzüi - Ramaiolo, a quanto pare più piccolo del cop, unico termine usato a casa mia. Cazzüi è utilizzato anche per indicare il "cucchiaio" del "trax" (escavatore), mi dice mio fratello. Airolo c'èzzü -
Céir - Chiaro (agg.), luce (sost.). - (ceir)
Cèrvo - Cervo, Cervus elaphus (it.wikipedia - foto Google). Manca un nome dialettale, trattandosi di un animale estintosi secoli fa e riapparso solo di recente (v. ANIMALI IN LEVENTINA). Non ho mai sentito a Dalpe dire scervia per cerva come riporta il VSI.
Chèdra - "Cadola": attrezzo di legno, fissato alle spalle come uno zaino, per il trasporto di carichi. Usata in particolare dagli alpigiani. Ignoro se ci sia un termine in italiano non ticinese, in tedesco è chiamata Reff, in tedesco svizzero Räf -> Duden, Schw. Idiotikon -> Rëff I 6,644) - (chedra)
Chéifar, chéfar - Bottaio, che fa arnesi o recipienti in legno (Vicari cit. p. 258). Ted. Küfer - (cheifar, chefar)
Chéifar, Cherubino Dotta di Fontana, anni Venti del Novecento, foto Borelli, da Vicari cit. p. 259
Chèno, chènu - Canapa, Cannabis sativa (it.wikipedia - foto Google). Ad Airolo c'ènuf. Un tempo coltivata in tutto il Ticino per la fibra, per ricavarne materiale tessile, cordame e stoppa (v. VSI alla voce Canov): camìs det chènu = camicie di canapa, trovo in A. Borioli, "Vos" p. 25. Pozze per la macerazione del lino e della canapa erano un tempo situate ai Morinìt, presso il ponte di Dalpe (Fransioli, "Dalpe", pp. 142-143). - (cheno, chenu)
Chésli (pron. chéssli) - Secchio di metallo. Airolo: chèsli. Parola non più usata. Dal ted. Kessel = caldaia, paiolo.(chesli, chessli)
Chèta - Intaglio, tacca, incisione (in particolare su un albero, su un bastone, come segno di riconoscimento). Fig. chèt = i segni degli anni, in una poesia di A. Borioli. - (chèta)
Chèuna - Cantina (variante leventinese di canva). Airolo: c'èuna, c'ènua (Beffa cit.), Val Bedretto c'èuna. Dimin. chèunìn, cheunét <=> canvet, Airolo c'èunin. Sull'alpe: edificio di pietra, dove si conserva latte e formaggio (Lurati, "Terminologia", p. 117). "I ò la vos in cheuna" = "ho giù la voce". Dal lat. canaba = cantina (Lurati cit., REW, 1556). - (cheuna, c'euna, cheunet, cheunett)
Chèuni (plur.) - I "manici" anteriori impugnati per guidare le vecchie slitte da trasporto. Il LSI dà al sing. chèunu. - (cheuni, cheunu, cheuno)
Chicra - Chicchera, tazzina da caffè. Plur. chicri.
Chiijél - Letamaio, tra muri vicino alla stalla o anche semplice mucchio di letame all'aperto. Plur. chiijéi. Già sentito anche Cüijél. Airolo: c'üijél. Val Bedretto: c'üjél (Lurati, "Terminologia"). - (chiijel, chiisgel, cüisgel,c'üisgel, c'üsgel)
Chilbi - Festa patronale, sagra. Sv. ted. Kilbi.
Ciàu - Chiave. È maschile: u ciau. Plur inv.. Airolo: cèf - (ciau, cef)
Cifon - Comodino (non solo lev., cifun si usa(va) fino in Lombardia). Il VSI dà scifon per Dalpe, mai sentito. V. anche Pòfan.
Cilandra, cilandro, cilandru - Parte di fienile (téç zorint): a volte un quarto (ciascuno dei quarti vicino alla porta), a volte un ottavo, in questo caso la metà di una quèdra (un quarto di fienile). Parola mai sentita, in cui mi sono imbattuto sfogliando il VSI, che dà il femminile per Faido e il maschile per Dalpe e dà anche casson = metà cilandra a Campello. Sempre sul VSI trovo per il circ. Airolo cilandri = travi orizzontali che formano le pareti delle costruzioni in legno e quelle che nelle stalle vanno a incastrarsi negli spigoli in muratura. Lurati "Terminologia" lo dà nello stesso senso per la Val Bedretto (p.41). A Deggio i miei cugini miei informatori non hanno mai sentito la parola con questo significato.
Cilandri - foto Tabasio
Ciochéi, ciochéta, ciochin ecc. - V. sotto Ciu- -
Ciolàn, ciulàn - Pene (volgare). Parola mai sentita personalmente, pare che la usasse mio nonno materno. La mamma mi ha anche raccontato di un airolese che riguardo a una ragazza rimasta incisa avrebbe usato l'espressione "tirè 'ndré 'l ciulàn" = tirare indietro il pene = praticare il coitus interruptus. Il VSI dà il sostantivo (per Osco e altrove) soltanto nel senso figurato di minchione, babbeo, buono a nulla. - (ciolan, ciulan)
Ciòs
- Prato, appezzamento recintato. Rimasto in diversi toponimi. A Cornone,
in fondo al Ciòs, verso la Piumogna, c'era una volta il ciòs di péuri, il
cios delle pecore, delimitato da un muretto a secco. Dal latino clausum, luogo chiuso, recintato (VSI). - (cios, cioss)
Ciòs - foto Tabasio
Ciosséna, ciusséna, ciüsséna - Chiudenda, recinzione: staccionata di legno, più raramente muro a secco. In questo ultimo senso è più usato müu (muro) o mürazzöu (muretto), dice Jelmini, Glossario Piora cit. Il VSI dà per Osco anche ciüsséna in ramina = recinzione in rete metallica, come pure ucel di ciüssén = scricciolo. C'è anche il verbo ciussènè, ciussanè (e simili) = recingere, recintare. - (ciosena, ciossena, ciusena, ciussena, ciüsena, ciüssena)
Ciossén - Foto Tabasio
Cipirè - Bisbigliare, parlare sottovoce. Cinguettare pigolare, dice il VSI, aggingendo che a Dalpe zipirè (ts-) = squittire del topo e zipiron = individuo che ha il vizio di bisbigliare.
Cipiroi (s. m. plur.) - Silene (it.wikipedia - it.wikipedia), in particolare Silene vulgaris (foto Google), Silene inflata (foto Google). Beffa cit. dà per Airolo sc'at (pron. shc'att) al plur. per i calici rigonfi della Silene inflata, dal caratteristico schiatto che fanno quando li si fa scoppiare battendo le mani (v. anche Jelmini, Glossario, VSI).
Cipiroi - foto Tabasio
Ciucadüra, ciücadüra - Lunga pertica che serviva a sistemare i cöu (covoni) di segale sulla rasc'èna (rascana). A Dalpe cicadüra (M. Fransioli, "Dalpe", p. 107). Ad Airolo: g'üzzadüra, a Villa B. giügiadüra (Beffa cit.). Il VSI dà altre varianti ancora.
Ciucàna, ciocàna - Ubriacone, come ciocaton in ticinese. Accrescitivo di ciòc = ubriaco. Della stessa famiglia: ciòca = ubriacatura, che non so se abbia un rapporto con ciòca = campana, che non si usa più: ma forse tiràs 'na ciòca per ubriacarsi voleva dire proprio tirarsi una campana in testa ... (sul rapporto tra i due ciòca v. il VSI a questa voce, dove si apprende che gli esperti non sono unanimi). Inciucàs = ubriacarsi - (ciucana, ciocana, cioca, cioc, inciucass, inciocass)
Ciüchéi - Campanile, in antico dialetto (Fransioli, "Vicinato" cit. p. 97). Da ciòca = campana. Il LSI lo dà solo a Osco. Mia mamma dice dapprima ciuchéi, ma poi è in dubbio quando le cito ciüchéi. È comunque probabile anche ciuchéi, come c'è ciuchin. All'origine del cognome Cioccari in Leventina (v. COGNOMI DELL'ALTA LEVENTINA, ma anche (cioché) del quartiere luganese Cioccaro, sotto la cattedrale, apprendo dal VSI. - (ciuchei, ciüchei)
Ciuchéta, ciochéta - Croco, Crocus (it.wikipedia), in particolare Crocus albiflorus (foto Google) e simili, fiorisce sui prati allo sciogliersi della neve. Ad Airolo ciuchèta. - (ciucheta, ciocheta)
Ciuchìn, ciüchin - Campano, campanaccio. Più preciso il VSI: campanaccio di grandezza variabile con base rettangolare, prodotto con una lamiera di consistenza più pesante rispetto al bronz o bronza = grande campano di lamiera di forma bombata. Vicari cit. p. 213 aggiunge la campanéla come terza categoria in un capitolo tutto dedicato ai campani.- (ciuchin, ciüchin)
Ciulàn -> V. Ciolàn.
Ciurlo, ciurlu - Abitante di Chironico, soprannome. Pensavo venisse da ciurlo = caffè nel dialetto locale. Virgilio Gilardoni interpreta tuttavia il soprannome ciurli nel senso di maiali, e anche il LSI e il VSI riportano il soprannome con il significato di maiali, e non di caffè. Il VSI dice che a Chironico come a Mairengo ciurlo significa maiale e non parla di caffè. A me risulta invece che a Chironico maiale si dica besciöu o bisciöu. Ad Airolo il termine è effettivamente usato nel senso di maiale secondo Beffa cit., forse in rapporto con l'espressione "pulizia da C'üróni", "pulizia di Chironico", per dire sporcizia, condizioni igieniche precarie. -> v. SOPRANNOMI
Ciüs - Porcile, a Dalpe. Il LSI lo dà, nel senso più ampio di comparto, recinto per animali minuti, per l'intero circolo di Quinto. In quest'ultimo comune ho però sempre sentito solo bròç (di pörsc).
Clàfter - Misura per la legna, 4 metri cubi: 2x2x1 precisa Bontà cit., il quale aggiunge che lo spaz (v.) nostrano ha invece una base di 1,92 x 1,92 e un'altezza di 0,75 m. Dal tedesco Klafter. - (clafter)
Clùat - V. Cruar.
Cobiè - Mettere in coppia, accoppiare. Airolo: cubiè (VSI), e cubiàs = sposarsi, accompagnarsi (Beffa cit.). Malcobio' = male accoppiato, malmaritato.
Códia - 1) Cotica, sia nel senso di cotenna di maiale sia in quello, dice Beffa op. cit., di cotica erbosa (strato superficiale compatto del terreno prativo, costituito principalmente dai cespi d'erba e dalle loro radici): v. anche mèisra e dasmèisró. Codighìn, cudighìn = cotechino, simile alla luganiga - lügheng'a - ma a base di cotenna di maiale. 2) Sciavero: ciascuna delle assi, con un lato piatto e uno convesso, che si ottengono segando longitudinalmente un tronco o una trave tonda. Plur. codi. - (codia)
Cogn - Cuneo. Anche fetta di formaggio tagliata a mo' di cuneo dalla forma.
Cöir - Cuoio, o piuttosto pelle (di vacca) essiccata. V. Coràm, dal quale si distinguerebbe.
Cöisc - Bravo, quieto, ubbidiente. Spesso al negativo "mia tant cöisc". Ottavio Lurati "Terminologia" cit. dà in Val Bedretto c'öisc = mansueto, da "(ac)concio". Mi chiedo se non interferisca il ted. keusch, che però significa casto, pudico. Airolo: c'öisc.
Cóisru (-ssr) - Console. A Bedretto custru , oggi detto cap bògia (Lurati "Terminologia" p. 105) o cosru, ad Airolo cusru, a Prato e Dalpe cóissar. Un tempo era così chiamata la persona eletta responsabile di una comunità viciniale (vicinanza), deganiale (degagna) o locale (vicinato), oppure di una associazione di sfruttamento alpestre (Vicari cit. p. 273). Oggi è rimasto il senso di responsabile dell'andamento dell'alpe (contabilità ecc.). - (coisru, coissru, cussru, cossru, coissar)
Còl, plur. còi - Recipiente di legno, formato da due semicilindri dogati e cerchiati, per trasportare forme di formaggio una accanto all'altra.
Còl, Museo di Leventina, foto Tabasio
Combro, combru - Colmo, pieno fino a formare una forma convessa: p. es. di recipiente riempito di grano o altro oltre l'orlo, o di neve che dà ai rilievi forma arrotondata. Airolo: cumbru = pieno, colmo (Beffa cit.)
Cönc, cöng - Chiavina (Scheda: attrezzo simile in Piemonte ): sorta di cuneo di legno duro con due fori, uno più piccolo e uno più grande, che serve a fissare la soga (v.) -> cönghè = fissare la soga (o altro tipo di fune) con il cönc. - (cöng, cöngh, cöngg)
Cönc - Museo di Leventina, foto Tabasio
Cop - Ramaiolo, a quanto pare più grande del cazzüi (v.). Ma a casa mia diciamo solo cop e copét, mai cazzüi.
Coràm, curàm - Cuoio (non solo lev.). Beffa cit. per Airolo dà anche c'öiru (c'öir a Fontana), che non è però pelle conciata come il cuoio ma pelle seccata, usata in particolare per fabbricare corde intrecciate (sua, lunghègna t c'öiru). Una volta ho sentito dire cöir a mio cugino di Deggio, ma senza distinzioni rispetto a coram.- (coram, curam)
Corè, curè - Sciogliersi. U còra = si scioglie.
Coréija - V. curéija.
Cörn - Corno. Cörnèda = cornata - (cörneda)
Cornon, Curnon - Cornone, frazione del comune di Dalpe. Più che un accrescitivo di Corno - cörn in dialetto - il nome mi sembra essere un accrescitivo di Corte (cort), nel senso di stazione dell'alpe in cui soggiorna i bestiame. Invece di Corton ipotizzo un superaccrescitivo Cortonon o un non impossibile Cortnon, diventato poi Cornon, come Cort d'sora o Cort zora (Cortesopra, sopra Prato) è diventato Corzora. Oppure un precedente Cort nóu = Corte nuovo diventato Cornou e quindi, in qualche modo col tempo, Cornon. Il termine dovrebbe risalire ai tempi remoti in cui Dalpe doveva essere un alpe, Prato un prato, Mascengo un maggengo e Cortesopra un "corte". Che Cornone doveva essere un corte lo indica il nome del prato che si trova sotto il villaggio: "Sotto Corte", come sta scritto sulla cartina riportata da M. Fransioli in "Dalpe" p. 32.
Cornon - foto Tabasio
Còro, còru, plur. còri - Corvo, nome generico. In particolare il corvo imperiale, Corvus corax (it.wikipedia - foto Google - scheda caccia-ti) e la cornacchia nera, Corvus corone (it.wikipedia - foto Google - scheda caccia-ti). Ad Airolo: còruf, che è anche il soprannome degli abitanti del villaggio. - (coro, coru, coruf, coruff)
Cort (sost. maschile) - "Corte", ogni singola stazione dell'alpe in cui soggiorna il bestiame. Dal lat. cohors, -hortis, il cui significato d'origine era luogo cinto (v. la storia del termine in etimo.it). In romancio cuort = Hofraum, Hof = corte, cortile, cascina, fattoria (RNB, II, 101, che cita REW 2032). V. anche Cornon.
Corzóra - Cortesopra, luogo un tempo abitatato appena sopra il villaggio di Prato. V. cort - (Corzora)
Cos - Scoiattolo, Sciurus vulgaris (it.wikipedia - foto Google).
Còssa - Voglia, ardore, passione, entusiasmo. "u l'à fèç cun una cossa!" = "lo ha fatto con un tale ardore!".
Cot - Cote (pietra abrasiva per molare la falce e altri strumenti da taglio). "L'é nèç cumé chél di cot" = "è partito come quello delle coti", modo di dire per "si è squagliato, se n'è andato precipitosamente". La stessa espressione c'è anche a Biasca (Magginetti-Lurati cit.: "l'è nacc me quell dri cott") e in Verzasca (Lurati-Pinana: ""u s n'è noo comè chel dai cod", fatto derivare dall'episodio di un venditore di coti di pessima qualità che se la sarebbe poi data a gambe per sfuggire ai clienti buggerati).
Cot - foto Tabasio
Cöt - Pattino della slitta (da traino vecchie, mai sentito per quelle da diporto), di solito al plurale. Airolo: c'öt. Termine usato in alta Leventina e alta Blenio, dice Vicari cit. p. 244. - (cött, c'ött)
Cotizè, cutizè - Raddrizzare, dare una lezione a qc. per educarlo, in genere castigandolo: "it cutizi mi!". Verrebbe da "quotizzare" = imporre una quota, una tassa (Lurati "Dialetto" p. 59).
It cutizi mi!
Cöu (invar.) - Covone (di segale, v. zéira). Airolo: c'öf (invar.). Pensavo fosse maschile, invariabile al plurale, ma il LSI dà un singolare femminile Cöva. -
Crama - Panna. Crama e parola gallica, da cui il francese crème e l'italiano crema, secondo il dizionario Treccani. Crama scumfièda = panna montata. "Ah, Carlon, ti m' l'é dècia la crama!" = "Ah, Carlone, ce l'hai data la panna!": frase rabbiosa gridata a San Carlo da uno dei nani (degli zingari in una versione più "vera" del racconto) fatti precipitare nel burrone sulla Piumogna dal Borromeo, nella nota leggenda dalpese. Il santo li aveva fatti arrampicare tutti su un tronco - chi dice betulla, chi conifera - sporgente sopra il vuoto, tronco da cui aveva fatto sgorgare della panna, di cui erano ghiotti. V. alla voce gròta -> gròt di péghèi -
Craméntu, cramèsc - Imprecazioni sostitutive di "sacramento". Crabisna e marcadéta, con la stessa radice, era invece l'imprecazione preferita - a dire il vero l'unica e sempre scherzosa - dal compianto don Fiorenzo D'Alessandri, originario di Calpiogna, quando era giovane seminarista. - (cramento, cramentu, cramesc)
Crasmè - Cresimare, usato scherzosamente per schiaffeggiare, picchiare. "It crésmi mi!" = "ti cresimo io!"
Crapàsc - Ragazzo, bambino (Airolo). Il LSI lo dà anche per Quinto, ma non l'ho mai sentito dire da genitori o parenti. - (crapasc)
Craspin - Crespino, Berberis vulgaris (it.wikipedia - foto Google)
Craspion - Infruttescenza filamentosa della Pulsatilla alpina (foto Google), a Fontana e in Val Bedretto. Ad Airolo chiamata c'avì t la strìa (capelli della strega), a Nante c'avì du diauru (capelli del diavolo). V. alla voce C'avì C
Crastè - Castrare
Cravatè - Cullare. Parola non più in uso, se non nella bocca di qualche vecchio.
Cravét - Culla. Airolo: cravèt. Non più in uso, semmai sostituito da cüna. - (cravet, cravett)
Cravét, Museo di Leventina - foto Tabasio
Crazza - 1) Contenitore per merci usati dai venditori ambulanti. Beffa op. cit ipotizza che derivi dal tedesco (austriaco e svizzero) Kraxe = gerla. Dario Petrini, in Alemannismi in Leventina, cita lo svizzerotedesco Chräzen con lo stesso senso. 2) Spesso strato di sudiciume - crópat (v.) - sulle persone di scarsa igiene: in questo senso figurato l'ho sentito usare da mia mamma. Il VSI - Fascicolo 81 p. 13 - dà il significato di sporcizia, sudiciume alla voce Cracia, ma non per la Leventina, con la variante crazza fuori dalla Svizzera Italiana, a Monteossolano (comune di Domodossola). - (craza)
Créatüra, pl. créatü - Bambino o bambina ad Airolo. - creatüra, creatü)
Crèfli - Biscotti croccanti al miele tipici dell'Alta Leventina. Dallo svizzerotedesco Chräpfli (v. Petrini, Alemannismi in Leventina). Informazioni dettagliate alla voce Crèfli sul sito Kulinarischeserbe.ch. V. inoltre l'opuscolo "Crèfli e spampezie, due specialità leventinesi", Giornico, Museo di Leventina, 1993, 41 pp.
Crèmar - Venditore ambulante. Non più usato, ma rimasto come soprannome di famiglia a Varenzo. Dal ted. Krämer (Bontà cit.), usato ancora solo in Austria secondo Wikipedia, a sua volta da Kram = cosa senza valore.
Crèn (pron. Crènn) - Albero, abete perlopiù, disseccato in piedi. Il LSI lo dà per Quinto e circ. di Airolo = pianta secca ancora in piedi, mentre per Osco dà crenon. V. anche alla voce carnél (v.) - (cren, crenn)
Crèn - foto Tabasio
Crènc'a - Massa molle del formaggio ancora in caldaia o appena estratto. Si differenza dalla quagèda
in quanto sottintende una pasta già lavorata. Crènc'a può anche designare un
formaggio fresco e immaturo (Jelmini, Glossario Piora), a volte in senso scherzoso, in opposizione al formaggio stagionato. Ad Airolo la massa molle sopra indicata è
detta bügn: v. Beffa cit., il quale precisa che a Fontana crènc'a è una forma di formaggio che manca della necessaria stagionatura.
Cribi, crìspas, cristiandòro, cristianìn, cristòfan, cristofanin - Imprecazioni usate per non dover dire "Cristo" - (crispas, cristiandoro, cristianin, cristofanin)
Cric'a (sost. m.) - Persona litigiosa, attaccabrighe. Come c'arpina ad Airolo. L'ho sentito dire a Deggio. Soprannome di famiglia ad Altanca.
Cridè - 1) Gridare, urlare; 2) Sgridare. Usato anche per il gridare del maiale (Lurati "Terminologia" p. 53) e dell'aquila (Beffa cit.). Grido = crit (plur. inv.).
Crist - Cristo, in espressioni come pòuru crist = povero cristo, poveraccio. "U pèr un Crist tiró jü cur um tardénz dam pitéi (o piotéi)" = "sembra un Cristo tirato giù da un tetto con un forcone da letame": espressione che mia mamma ama ripetere per indicare persona malconcia, malridotta, male in arnese, dopo lunga malattia o altro patimento. Non si tratta di espressione corrente: quando la mamma era bambina era sulla bocca di mia nonna che l'aveva sentita da una compaesana, fervente cattolica ma di linguaggio particolarmente colorito. Espressamente vietato dalla mamma rivelarne il nome perché "i sö jént" potrebbero "averla a male", anche se la battuta non è per nulla blasfema e risale forse a 100 anni fa!
Cristéri - Clistere - (cristeri)
Crobi - Broda per i maiali a base di resti di cucina (ticinese: corobia).
Crodè, crudè (jü, int) - Cadere (giù, dentro).
Cröisc - I nani dispettosi delle leggende locali (Dalpe, Deggio, Cavagnago - crüsc - ecc.), forse trasposizione favolesca degli ultimi "pagani", senso nel quale è usato in Valle di Blenio. Sull'argomento andrebbe letta la riedizione, annotata e commentata da Peter Schrembs (ed. La Baronata, 1996) dello studio di Mosè Bertoni del 1883 "Le case dei Pagani": molto interessante. Poco sotto Deggio c'era un tempo una cavità denominata La Cröiscia, antica dimora di cröisc. V. anche alle voci crama e gròta. Beffa cit. dà cröisc anche nel senso di bestia o persona sparuta da cui cröiscè = non svilupparsi regolarmente. Ancora Beffa dà informazioni anche sul lénc'ass = folletto, dispettoso ma non cattivo, che con i cröisc "è uno dei personaggi del mondo superstizioso locale". Ho anche trovato, ma non per l'alta Leventina, cröisc = storto.
Cröm - Grande cesta in legno intrecciato un tempo usata per il trasporto su slitta di strame, letame e altro (foto sotto da Vicari cit. p. 247).
Cröm su slitta
Crompè, crumpè - 1) Comperare 2) Partorire. Vés in crompa (Airolo: in crumpa) = essere incinta.
Crópat - Sporcizia, sudiciume che si forma sulla pelle quando ci si lava poco (e poi rimane sui lati della vasca da bagno). Airolo: cröpat. Lurati cit. definisce cröpat per la Val Bedretto il "callo del mungitore" e dà l'espressione "munc a cröpat" = mungere con il pollice rivoltato in dentro. Si tratterebbe di una variante di cröt, data per Airolo da Beffa e anche da Jelmini nel Glossario di Piora: nocca, callo del mungitore sul pollice. Il LSI dä cròpad per Quinto, con o aperta, pronuncia che non ho mai sentito. - (cropat)
Cròsa (pl. cròs) - Rametto secco di conifera. "Mèira 'me 'na cròsa": si dice di una donna molto magra. - (crosa, cros)
Croslina, Cruslina (pron. Croshlina) - Alpe di Chironico nella Val Piumogna, pizzo omonimo. Penso venga da un termine ormai perduto per "cristallo", di cui la montagna attorno è ricca. Lurati nella sua "Terminologia" della Val Bedretto dà Curslina = Cristallina, p. 95, con rimando per il toponimo a Salvioni, BSSI 20.36, 22.90. Beffa cit. (Airolo) dà crustràl = cristallo di rocca, generalmente quarzo. Luigi Lavizzari parla di "alpe Cristallina" per Croslina nelle sue "Escursioni nel Cantone Ticino" (1859-63; ed. Dadò del 1988, p. 334). - (crustral)
Crostra - Crosta. Crostri (plur.), dolci tipo crostoli o "croste di Carnevale" in vendita nei supermercati ma più solidi e croccanti, fritti nell'olio e poi cosparsi di zucchero al velo.
Crùar, crùac, crùat, clùat - Brocca, boccale (sv. ted. Chrueg, ted. Krug). La mamma (di Ambrì) e i cugini di Deggio dicono clùat. Il VSI dà cluad (pron. klùat) come voce raccolta soltanto a Lurengo. - (cruar, cruac, cruach, cruat, cluat)
Crüarìn, cruarìn - Grigionese, proveniente dal Grigioni, o più precisamente dalla Val Medel, valle laterale della Surselva: detto di animale, cosa o vento: vént crüarin = vento che soffia dalla Val Medel nella val Piora (v. Glossario Piora cit.).
Crüaron, cruaron - Abitante della Surselva, o più precisamente della Val Medel, tra Disentis e il Lucomagno, un tempo a stretto contatto con l'alta Leventina. V. anche Crüèra. - (cruarin, crüarin)
Cruatè - Calmare, tranqullare, rifl curatàs. Il LSI lo dà col significato di cullare, dondolare ecc.
Cruatàs - 1) Accovacciarsi, rannicchiarsi. Cruató = accovacciato, rannicchiato "L'éva gnö cruató a fala" = "era lì accovacciato a defecare". 2) Calmarsi, tranquillarsi - (cruatas)
Cruaton - Vento freddo misto a pioggia o nevischio che soffia dal massiccio del S. Gottardo quando fa brutto tempo oltralpe. Ad Airolo parlano però di cruaton süç (asciutto) e c. bagnó (Beffa op. cit.). C'è anche il verbo cruatè. - (croaton)
Crüèra, Cruèra - Sopraselva (Surselva), indica Vicari cit., p. 224). Secondo Piero B., mio cugino di Deggio, Crüèra è invece più precisamente la Val Medel, tra Disentis e il Lucomagno, una valle laterale della Surselva. La località principale della valle è Curaglia, di cui Crüèra potrebbe essere il nome dialettale. Nel suo articolo Cruaron dell'11.9.1998 sul sito della Pro Ticino, Dario Petrini, citando i volumi di Mario Vicari dedicati al dialetti bleniesi ("Valle di Blenio", vol. I, p.116, n.9; II, p. 139, n. 11), dà Crüara e Cruara. Il termine deriverebbe a suo avviso da Churwalha, composto da Chur (Coira)
e Wal(a)ha, ossia territorio dei Walh, parola antico-altotedesca per
designare chi parlava un idioma neolatino, il romancio in questo caso,
un tempo parlato anche nella regione di Coira. Ottavio Lurati, nel glossario della sua "Terminologia della Val Bedretto" (p. 162) indica Kruèra = regione d'Ursera, bovina che proviene da quella zona, ma penso intendesse Surselva, non la Valle d'Orsera (Urserental) nel canton Uri. A p. 66 dà infatti i nomi di vacca "Kruera e Kruerina (comperata in val di Tavetsch)", ossia nella Surselva (GR) -> v. anche Cruarìn.
Crümanè, crumanè (plur. - raro - crümanéi, crumanéi) - Trave maestra del tetto, trave centrale sotto il culmine (comignolo, colmigno) del tetto. Le altre travi andando verso la grondaia dovrebbero chiamarsi piciurè (plur. piciuréi), terzéra e rasè o radìs (ad Airolo scencia). Per la Val Bedretto Lurati "Terminologia" cit. (p. 38) dà anche il termine culmögna, trave ca 60 cm sotto il crumanè, detta in precedenza scencia, "che per alcuni è la radice" (rasè o radìs). Beffa cit. parla invece di culmögna come di na trave posta sopra la trave di colmo. - (crumane, crümane)
Crümanè e i due piciuréi - Foto TabasioCùa , plurale cùu, Airolo cuf. - Coda. Da bambino l'ho sentito usare a Dalpe nel senso più o meno esplicito di pene. Nel villaggio a forte emigrazione in Francia ha forse influito il doppio senso del francese "queue", coda e appunto pene. Tachè süu i cùu = attaccare le code delle mucche a un filo nella stalla, per impedire loro di sbatterle nel fassó del colaticcio imbrattando tutt'attorno. Beffa dà l'espressione nel senso colorito di "finire messa!" Cuèda = colpo di coda.
Cuàia - Lembo di camicia: v. quaia - (cuaia, quaia)
Cucaüs, cocaüs - Abbaino. Termine tipico airolese e bedrettese, di chiara origine svizzerotedesca, che abbiamo adottato anche a casa mia. Sul VSI, arrivato finalmente a questa parola, trovo conferma alla mia ipotesi di una derivazione da "gucken", sv. ted. "guggä" (guardare) + "Haus", sv. ted. "Hu(u)s", urano "Hüüs" (casa), eventualmente "Häuslein", sv. ted. "Huusli", "Hüüsli" (casetta), piuttosto che + "aus" (fuori) come pensano invece gli airolesi Mario Forni (in "Airolo" cit. p. 255) e Fabio Beffa cit.. La parola d'origine è verosimilmente Guggehus, Guggehuus = abbaino, "Dachlucke, meist durch ein kl. Fensterchen schlossbar" (Schw. Idiotikon, II, p. 1709, meglio di p. 1732 cui rimanda il VSI -> v. Gugge(n)hūs 2,1709 ) via la variante locale Guggehüüs, o il diminutivo Guggehuusli (-hüüsli) = Guckenhäuslein = lett. "casetta per guardar fuori" = abbaino, bovindo, bow window, balcone chiuso. Un'altra ipotesi potrebbe essere una estensione del senso di Glockhuus = Glock(en)haus, locale del campanile, con le finestrelle. Il RNB dà Guggahüsli = Jägerposten, posto di vedetta di cacciatore (II, p. 422). Una possibile derivazione da -haus è desumibile da un altro termine airolese, tubaüs = bicocca, casupola, da Taubenhaus (piccionaia, colombaia). Possibile ma meno probabile mi pare l'intepretazione, più volte sentita, cucaüs <"guck(e) aus!" = "guarda fuori!", che in svizzerotedesco dovrebbe suonare "guck uus!" o qualcosa del genere. In dialetto urano il verbo è üüsagugga = hinausblicken (v. Felix Aaschwander, "Urner Mundart Wörterbuch", 1983, che per abbaino dà peraltro solo "Guggerä") , che dovrebbe dare "gugga üüsa!" - pronunciato "cuccaüüsa" - o qualcosa di simile. Beffa cit. mette come origine il tedesco Ausguck = posto d'osservazione, posto di vedetta, ma non mi pare che dialettizzando possa uscirne cucaüs. Sempre secondo Beffa a Piotta si dice üsél (v.). Parola confermata per Quinto e altrove dal LSI, che a Dalpe dà invece listöu ("finestruola") e lüs'ciöu (pron. = lüshciöu), da me mai sentiti. - (cucaüss, cocaüss, üsel)
Cucaüs - Foto Tabasio
Cucù - 1) Cuculo, 2) sciocco, ingenuo. Veç 'me l'cucù = vecchio come il cucù, vecchissimo. "Par nota u canta gnè 'l cucù": per niente non canta neppure il cuculo, per niente nessuno fa niente .
Cudéi, codéi - Portacote (dial. cot, v. a questa voce). - (cudei, codei)
Cudéi - foto Tabasio
Cuè - 1) Attacco della coda (sost. m.) 2) Covare (verbo)
Cufion (plur. cufioi) - Cumulo di neve soffiata (cüs), ammasso sporgente di neve soffiata, accumulatosi in particolare su una cresta: se cede causa una valanga. Termine airolese e bedrettese (ma a Nante: cufió). A Quinto scüfion (v.). - (cufio)
Cugiö, (plur. cugiöi) - Banco di neve che si stacca e scivola su un pendio, valanga di piccole dimensioni. Termine airolese. In V. Bedretto scugirö (Vicari p. 151). Altrove: scugiröu, scügiröu (v.).
Cuion, plur. cuiói - Coglione, nel senso proprio di testicolo e figurato di idiota. Mi ricordo di aver scandalizzato una volta da ragazzino un prefetto del seminario di Lucino usando questa parola, con grande sorpresa mia perché l'avevo sentita dire da mia nonna, molto castigata nel parlare. Secondo mia mamma la nonna non ne conosceva probabilmente nemmeno il significato proprio, perché l'espressione "töt fò di cuiói" era comunemente usata senza connotazioni sessuali, un po' come "con" oggi in francese.
Cüijögna - Chiggiogna. Secondo il DTS il nome riflette il longobardo "gahagi" = luogo, bosco recintato, che ha peraltro un discendente dialettale: ghèisc, g'èisc (v.) = bosco protettore. Soprannome degli abitanti: Èsan (asini) (Gilardoni cit.).
Culandro, culandru - Calendario, da muro in particolare. Sentito a Deggio, ma lo dà anche Beffa per Airolo. Noi in casa diciamo taquin, che i cugini di Deggio però utilizzerebbero per indicare piuttosto un'agenda.
Cumàr - Levatrice, it. comare. Airolo: cumà. Poiché la parola, finendo con mà (= male in dialetto TI) sembrava portar male, è stata sostituita, non solo in Leventina, con cumbégn (bégn = bene), da me mai sentita ma più volte trovata (LSI, Borioli "Vos"). Beffa cit. parla di "espressione apotropaica", atta cioè ad annullare o scongiurare gli effetti maligni. V. in merito anche Lurati, "Dialetto" cit. p. 33 - (cumar, cumbegn)
Cumassél, comassél - Gomitolo.
Cumbió - Commiato. Das cumbió = darsi commiato. Mai sentito ma trovato in una poesia di A. Borioli ("Vos" cit. p. 27).
Cumpagn (agg.) - Uguale, simile: "i ò mèi vist un èsan cumpagn", non ho mai visto un asino simile.
Cupidè via - Assopirsi. Il LSI dà per Airolo anche cupidéra = sonnolenza. Dà inoltre cupidè = accoppare, ammazzare, picchiare, conciare per le feste, sempre ad Airolo.
Curdè - Ingaggiare (per un lavoro).
Curéija, coreija
- 1) Cinghia, cintura 2) Striscia vagamente cilindrica di erba rivoltata nel prato con il rastrello per farla
essiccare (operazione della fienagione che si faceva il pomeriggio). Mi pare di aver letto o sentito che il sistema sia stato introdotto in Leventina dai pardéi (v.) bergamaschi, al posto dei tradizionali müdéi (v.), un sistema ormai già abbandonato quando io ero ragazzo. It. correggia, latino corrigia
= striscia di cuoio, cintura - (coreija, cureija, coreisgia, cureisgia)
Curéija du drèisc ( o du drèi) -
Arcobaleno. Non so se qualcuno lo usi ancora se non per indicare un
termine curioso. Letteralmente "cintura del drago". "La concezione dell'arcobaleno come serpente-drago è paneuropea", rileva Orelli cit. nel suo glossarietto (p. 59), rimandando a contributi vari sul tema e alle indicazioni bibliografiche in "Quaderni di semantica", II, 1981, pp. 51-146. Sull'AIS (carta 371) ho trovato cureja du drac a Indemini e scinta del drec a Mesocco. V.
anche drèi, drèisc. - (cureija du dreisc, cureisgia du dreisc, coreija, coreisgia du dreisc)
Cureija du dreisc, Dalpe 13.7.2011 - foto Tabasio
Curnìs - Canaletto che consente lo scolo degli escrementi dal fassó (v.) all'esterno della stalla, detto anche böç du fassó. Termine di Airolo (Beffa cit.), ignoro se usato anche sotto Stalvedro. In Val Bedretto curnisc (Lurati "Terminologia" pp. 35/162). Per Dalpe il LSI dà cornìs nel senso di fassó. - (cornis, corniss, curnis, curniss, curnisc)
Curogna - 1) Palo al centro della stalla, sostiene la trave su cui poggiano i strèdi (Jelmini Glossario cit); 2) Stipite della porta. Ad Airolo: trave verticale di contenimento, sostegno verticale degli assi della mangiatoia, stipite della porta (Beffa cit.). Corrisponde verosimilmente all'italiano colonna.
Curogna - foto Tabasio
Curona - Corona del rosario. Dì sü la curona = recitare il rosario.
Cüs, cüss - 1) Neve soffiata dal vento, turbine di neve sollevata dal vento, tormenta di neve. 2) Cumulo di neve soffiata (v. anche cufion, scüfion). Cüssè: il soffiare del vento che fa sollevare e accumulare la neve polverosa -> "U cüssa": il vento solleva la neve. Airolo: c'üs, c'üssè. Il sostantivo e il verbo vanno verosimilmente accostati al tedesco Gugseten o Gugsen = tormenta di neve, documentati in diversi libri del '700 e '800: "I montanari chiamano Gugseten la tormenta invernale", scriveva nel tardo '700 il pastore e viaggiatore Hans Rudolf Schinz, in Descrizione della Svizzera italiana nel Settecento p. 57. Così pensava già Stefano Franscini nel suo La Svizzera italiana.
Cüsè - Dichiarare una data combinazione in certi giochi delle carte. "Cüsi napula da pic e do as": "dichiaro una napoletana di picche e due assi", espressione attribuita a un defunto parroco di Prato, don Raffaele G., bleniese con il vizio del gioco e del vino, e pronunciata dal sacerdote, improvvisamente voltatosi dall'altare... nel bel mezzo della messa di mezzanotte a Natale. L'aneddoto mi è stato raccontato dalla mamma, che dice di averlo sentito da sue coetanee di Prato ma anche da una defunta prozia di Dalpe (con la sola variante del numero di assi, che potrebbero essere stati tre). Non so esattamente in quali anni don G. fosse parroco di Prato, lo era in ogni caso certamente nel 1882 (-> "Il villaggio ai piedi della Lagasca", 2012, p. 209). Il fatto risale dunque probabilmente agli ultimi decenni dell'Ottocento. Secondo la mamma, esso fu riferito da un parrocchiano a don Giovanni Maria Colombo (1919-2011), parroco di Prato dal 1943 al 1956, il quale, probabilmente poco dopo il suo arrivo nel villaggio, pare avesse detto durante una funzione nei giorni di Natale di non voler vedere in chiesa persone avvinazzate. Dopo la funzione il suddetto parrocchiano, irritato, avrebbe fermato don Colombo, dicendogli che a Prato non si sapeva di parrocchiani avvinazzati in chiesa ma solo di un passato parroco che durante la messa di mezzanotte di Natale....